Concorso
letterario di Terre di Mezzo
Tema:
“Folgorazioni”
KOYAANISQUATSI
“Tra
tre anni penso”, aveva calcolato. Questo di biglietto lo avevano
comprato gli organizzatori della mostra a Lisbona. Era un’estimazione
realista, un po’ orgogliosa nel tono, che metteva il puntino
sulla i e negava la breve angoscia, a lei non sfuggita, passata in
fretta nei suoi occhi teneri.
Non
era minimamente preoccupata per lui. Aveva 20 anni, viveva oltre
oceano in una citta’ celebre per i suoi comici neologisti, gli
parlava di Toccafondo, Tati e dei Wu Ming e sapeva guardare una
ragazza che fà la bella. Non era preoccupata per lui.
Koyaanisquatsi:
1. Vita folle
Neanche
Mauro si era preoccupato per lei. La chiamava principessa e la diceva
matta, con affetto, ironia ed un po’ d’apprensione a volte. Era
di quelle ragazze che si lasciano con leggero sollievo, augurandole
tutto l’amore del mondo.
Il mondo... Aveva pensato di sentirne l’intera
passione l’estate scorsa, l’intero scambio, rovente, bollente,
senza fine ed in continua trasformazione. L’eterno conflitto
l’aveva attraversata dai capelli ai talloni, trafiggendole gli
occhi e riempendole la gola, rendendola muta. Muta come un pesce,
come quegli ambigui ambigui pesci che aveva amato tanto. Abbastanza
da non vedergli le branchie innerite e forse troppo per non pensare
ora che l’avevano tradita. Carloburgo
era in effervescenza a Luglio. In quel mese la città stendeva e
dilattava il tessuto arteriale delle sue salite e discese per
riuscire ad assimilare le migliaia di visitatori a caccia di cultura
ed il battaglione di chi il pubblico se lo sceglie per professione.
Camerieri, giocolieri, cuochi e scrittori, parolanti e giullari di
tutte le sorte, tamburellisti ambulanti, luministi ed illuminati,
elettricisti ed elettrizzati, donne, uomini e ragazzi assetati di
birra ed affamati di contatto. Sarebbe rimasta un mese, forse di più,
forse si sarebbe
fermata lì per un po’, avrebbe
deciso più tardi. Tutto si era risolto così in fretta. Non aveva
più sopportato le strade di Brodo dipinte con l’ombra di Mauro,
aveva trovato lavoro a Carloburgo, ed era partita.
L’autobus
era stracolmo. Gente che tornava dal lavoro, ragazze con i pantaloni
di nylon neri e le camicie bianche, i capelli di davanti piu corti
che sfuggivano alla coda di cavallo allentatasi durante la giornata,
uomini con l’occhio lucidato dall’alcol già preso
o ancora da prendere, donne dalla pelle fiacca e lo sguardo rigido.
Un gruppo di americane provinciali raccontava con entusiasmo la
giornata alla capo gruppo, forse erano ballerine, anche se non ne
avevano il fisico, attrici piuttosto, pensò.
Si era seduta accanto ad un
pakistanese di una trentina d’anni col quale aveva cominciato a
chiacchierare, con l’accento raspo non suo, schiarendosi cosî
dietro il bancone, là dove si sfotte chiaro.
“Mmm.. E ti piace?
-Si
mi piace Brodo, ci abito da due anni. E’ la prima volta che vengo a
Carloburgo per il festival.
-Beh, qui è molto
diverso..” Gli aveva detto con il sorriso curvo di uno sconosciuto
che ti crede persa.
“Lo sò”, aveva risposto lei.
Le due città rivali per abitudine e folkloro ormai, parlavano,
vivevano e ridevano in modo diverso. La ginnastica esistenziale che
caratterizzava la città una volta industriale si opponeva
all’orgoglio posato e distante della capitale. Elena, Mauro ed i
loro amici erano frutti di Brodo, delle sue notti selvaggie e senza
vergogna. I suoi gatti randagi bagnati ed infreddoliti l’avevano
adottata ed amata perchè non si era lasciata spiazzare, perche’
gli aveva regalato affetto senza porre domande, tanto quanto ne
avevano bisogno, tanto.
Koyaanisquatsi:
2. Vita in fermento
L’incontro
col polacco un paio di ore prima l’aveva
perturbata. Stava passeggiando sul porto lasciando curricula a
qualche ristorante quando aveva notato un ragazzo alto ed elastico
che entrava ed usciva dai locali anche lui, che di tanto in tanto si
voltava a guardarla. Risalendo le scale di uno scantinato se l’era
ritrovato davanti, gli chiese di poterla fotografare. Avevano
simpatizzato, e camminare da sconosciuti col sole che tramontava sui
loro entusiasmi era sembrato così piacevole per un po’. Ma le era
difficile sostenere un dialogo per più di qualche battuta senza
essere subito assalita dal sentimento di inciampare e di sgretolare
sotto la punta pesante del piede quel cristallino che bisogna saper
passare per conversare. Il cielo si era fatto sempre più scuro,
finendo per scaricare su di loro la rabbia di un incontro spezzato, e
a lei che tentava disperatamente di vedere nei suoi occhi l’ombra
di un’ approvazione, lui rispose mostrandole semplicemente la
macchietta nera che le era apparsa sul dito. Bagnati e stanchi, si
erano lasciati all’incrocio di due strade augurandosi buona
fortuna.
“Ecco il
policlinico”, le disse il dottore. Scendeva lì.
Il numero 11
era una porta blu. La spinse e salì al quarto piano; era un po’
tardi, più tardi dell’orario che avevano stabilito la mattina al
telefono. Il ragazzo le venne ad aprire e
le strinse la mano. Era magrolino, i
capelli chiari e morbidi, un po’ a spazzola. Si sedettero in cucina
dove lui stava guardando la televisione. Gli propose una tazza di tè.
“ Così
sei un’amica di Mario?
-Si beh,
non lo conosco poi così bene, ci apprezziamo molto.. Quando ha
saputo che sarei venuta a lavorare a Carloburgo mi ha detto di
Francesco che era partito in America per un mese lasciando la stanza
libera..
-Mm, io non sapevo del tuo arrivo fino ad oggi quando
hai chiamato.. Andrea e Claudio tornano tra un paio di giorni e
avevano dimenticato di avertirmi..
-Ah.. Scusa,
-Non ci sono mica problemi.
-è vero che è successo tutto così in fretta,
-Figurati, siamo
più che felici di accogliere un’amica di Mario. ”
Aveva cominciato a parlargli con un po’ di
fretta, mollegiando il corpo e le braccia, girando spesso la testa e
guardandolo solo di tanto in tanto con un sorriso e uno sguardo un
tantino malizioso, creando quella sorta di ballo che aveva visto
spesso fare ad Anna. Lui la guardava di lato, un po’ scettico
eppure inquisitore dietro le ciglia cotonate da bambino.
“ La stanza è questa, io vado a letto,
domani mi alzo presto. Piacere di averti conosciuta, dormi bene.
-Grazie, anche tu.”
Sul
letto c’era una lettera:
Ciao
Carla!
Benvenuta
a casa nostra! Spero andrai d’accordo con i ragazzi e che te la
spasserai durante questo folle mese a Carloburgo. Io torno il 6
agosto per poi ripartire per la Croazia, spero di incontrarti
allora..
Puoi
usare internet e lo stereo quando vuoi ma non toccare
NIENT’ALTRO, mi raccomando, sarò esigente su questo punto.
Salutami
tanto Marietto,
Bacioni
e a presto spero, Franz XX
La
stanza era ampia. Libri erano sparsi un po’ ovunque, poesie, un
romanzo: “ La vittima”, un enciclopedia con degli appunti... I
rami di una quercia altissima dall’altra parte della strada
sfioravano di tanto in tanto il vetro dell’ampia finestra senza
tende. Avrebbe potuto farsi dondolare..
Si sedette sul
letto. Sopra la scrivania era attacata una tela di una faccia baffuta
che fumava la pipa con mille dettagli e colori. Appoggiando la testa
sul cuscino vide tra i battiti delle palpebre il poster di una mostra
con un uomo che cadeva.. Si addormentò.
Koyaanisquatsi:
3. Vita sbilanciata
Era
il terzo giorno che andava al centro. Si erano distribuiti le ore di
permanenza tra loro per poter vedere il più gran numero di film
possibile. Faceva caldo, Marte continuava ad avvicinarsi alla terra
come non aveva fatto da anni. I polpacci le si stringevano per
l’andatura rapida. Attraversare il parco stava diventando
altrettanto difficile che prendere l’autobus. C’era sempre
qualcuno pronto a lanciarle un rimprovero. Era troppo debole. Quando
riusciva a sopraffare la paura era l’orgoglio a rispedirla tra i
dannati. Stringeva il pass nella mano sudata mormorando al ritmo dei
sandali sul’asfalto.
Spinse la porta di vetro. La spagnola era al suo posto. Gli sorrise.
“Ciao, come va?
-Bene. C’è un caldo fuori..
-Si,
hai visto, l’uragano in America stà prendendo sempre piu forza..
Trasalì leggermente.
-Si..”
Perchè glielo diceva così? Non sapeva forse
che stava facendo di tutto per evitare la catastrofe? Non era forse
dalla sua parte lei?
“Beh allora io vado. Voglio beccare il film
Iraniano. Se arriverò abbastanza presto non potranno rifiutarmi il
biglietto. Non ne posso più di queste preferenze.. E ingiusto, non
trovi?
-Si.. Eccome.”
Non ne poteva piu di
quell’aula vetrata che puzzava di lucido d’acciao. La spagnola
stava risalendo il marciapiede verso il cinema centrale. Neanche di
lei si poteva fidare. Parlavano tutti in codice, come fosse un gioco,
tutti sembravano mettersi alla prova a vicenda. Non potevano essere
così crudeli da far sì che quell’occhio terrificante continuasse
a rinforzarsi, non potevano lasciare che accadesse la strage.
Il vento si
era alzato di nuovo ed il cielo era nero.
Koyaanisquatsi:
4. Vita in disintegrazione
“E’
tutto pronto per questa sera allora?”
Un uomo si era avvicinato al bancone senza che lei se ne
accorgesse. “ Mi scusi?
-E tutto
pronto per questa sera? ” Le chiese di nuovo l’uomo, con voce
severa e scocciata.
-Non sò.. Non capisco..”
Si alzo dalla sedia alta, nervosa ed
impaurita. Il vento gettava sul vetro le prime goccie.
“
E quindi non mi puo’ aiutare?
-Ma non lo so.. Ci sto’ prov... ”
Le si era chiusa la gola. L’unica soluzione era arrendersi agli
scienziati, loro avrebbero saputo come canalizzare quest... Fuori
pioveva a dirotto di nuovo. L’uomo girò i talloni e si diresse
verso la porta. Aprendola con difficoltà per il vento, si voltò di
colpo e la interpellò un’ultima volta con odio:
“Potresti almeno occuparti del tempo!
” La porta sbatte’ dietro di lui mentre lei stava là immobile,
ma allora lo sapevano tutti veramente.. Preferiva essere esclusa a
vita, bisognava finirne in fretta.
“ Ti posso offrire un caffe’? ”
Lo guardò attentamente. Era alto, e teneva la spalla sinistra
un po’ più avanti dell’altra, come per mandarle
meglio la domanda. Dietro le lunghe ciglia
aveva lo sguardo calmo e deciso.
“ Si. ”
Le prese la mano e la tirò fuori.
Risalirono la strada scura e bagnata
correndo, sù, sù fino ai soppalchi della scena della piazza
centrale. Si misero al riparo. Con una mano le teneva la testa
appoggiata sul petto, il fruscio del suo palmo le avvolse l’orecchio.
Il respiro profondo senza sforzo si dilatò sfiorando poco a poco
tutto quello che li circondava. Guardava i cento tetti della città
dietro di lui rialzarsi dopo la tempesta, pronti a specchiarsi
all’infinito nei raggi del sole di Luglio. Una coppia anziana si
scambiava frasi di yoga con gesti aperti e precisi. Quasi fossero lì
da secoli.. Al largo, una nuvola sembrava avere messo le vele. Sentì
le sue dita di nuovo strette dal suo pugno caldo. Tornarono in
strada.
Koyaanisquatsi:
5. Vita in bisogno di mutamento